Sezioni Unite: liquidazione concorsuale, sostituzione del curatore al fallito e potere purgativo del giudice delegato

Con la sentenza n. 7337 del 19 marzo 2024, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione si sono pronunciate su di una questione di particolare importanza concernente la possibilità di applicare la previsione di cui all’art. 108, co. 2, l. fall., concernente la cancellazione delle iscrizioni pregiudizievoli, anche alla vendita attuata non all’esito di una procedura competitiva pubblicizzata bensì in forma contrattuale, in adempimento ad un preliminare in cui il curatore sia subentrato ex lege in applicazione del disposto dell’art. 72, co. 8, l. fall.

Il caso

Una società veicolo di cartolarizzazione proponeva reclamo avvero il decreto con il quale il Giudice delegato al fallimento di una cooperativa edilizia in liquidazione, dopo avere autorizzato il curatore a subentrare in un contratto preliminare di assegnazione in proprietà della porzione di un immobile ad un socio, aveva disposto la cancellazione dei gravami insistenti sul bene.

Nell’alveo di detti gravami figurava un’ipoteca iscritta il 30 ottobre del 2006 a favore di un istituto di credito, il quale aveva promosso azione esecutiva a mezzo pignoramento trascritto nel 2018.

La SPV figurava quale cessionaria del credito garantito.

La cessionaria, all’atto del reclamo, evidenziava che il contratto preliminare era stato trascritto in data anteriore al fallimento e che il prezzo dovuto dal promissorio acquirente era già stato interamente versato alla cooperativa.

Altresì, la cessionaria sosteneva che alla fattispecie non fosse applicabile la previsione di cui all’art. 108, l. fall., trattandosi di mero subentro ex lege del curatore nel contratto preliminare (trascritto) avente ad oggetto un immobile destinato a costituire abitazione principale dell’acquirente e, dunque, non di una vendita forzata, bensì di un atto consequenziale al preliminare, di natura squisitamente e unicamente privatistica.

L’adito Tribunale di Monza respingeva il reclamo sostenendo che la vendita ex art. 72, l. fall., sebbene attuata in forma privatistica, resta vendita fallimentare in quanto avviene coattivamente all’interno di un procedimento di liquidazione concorsuale mediante un atto del curatore che rappresenta la massa dei creditori e lo stesso fallito.

Il Giudice di prime cure evidenziava, altresì, che l’unica differenza rispetto agli altri atti di liquidazione fallimentare risiede nel fatto che la scelta su come liquidare il bene è compiuta direttamente dal legislatore, il quale ha inteso accordare al promissario acquirente della casa di abitazione una tutela privilegiata, facendo prevalere il suo diritto alla stipula del contratto definitivo sul diritto alla migliore soddisfazione economica delle ragioni del creditore ipotecario.

Per conseguenza, l’accoglimento della diversa tesi della società reclamante avrebbe determinato un’abrogazione di fatto della tutela riconosciuta dall’art. 72, l. fall.

La sentenza n. 7337 del 19 marzo 2024

Il ricorrente proponeva ricorso per Cassazione deducendo un unico motivo:

violazione o falsa applicazione degli artt. 72 e 108, l. fall., in relazione agli artt. 2645 bis, 2808, 2878 e 2882, c.c., assumendo come errata la decisione della Corte sotto un duplice profilo:

a) della qualificazione come vendita concorsuale del contratto definitivo concluso dal curatore in esecuzione del preliminare trascritto ex art. 72, ultimo comma, legge fall., ai fini dell’art. 108 stessa legge;

b) della presunta esistenza di una ragione di prevalenza del fine di tutela dei diritti del promissario acquirente rispetto ai diritti del creditore ipotecario, da tutelare mediante l’esercizio del potere di purgazione.

Per ciò che concerne il primo profilo, il ricorrente sottolineava che l’art. 108, l. fall., si inserisce nell’alveo della liquidazione dell’attivo, mentre la trascrizione del preliminare, per i conseguenti effetti prenotativi, esclude che in esito al definitivo il bene che ne forma oggetto entri a far parte della massa attiva concorsuale.

In merito al secondo profilo, il ricorrente segnalava che la tutela del promissario acquirente rispetto ai diritti del creditore ipotecario rimane, nell’ordinamento, affidata alla pubblicità immobiliare e alla possibilità di conoscere le iscrizioni pregiudizievoli gravanti sul bene che egli intenda acquistare, mentre l’interpretazione condivisa dal tribunale di Monza avrebbe come conseguenza la soppressione sostanziale del diritto di sequela riconosciuto dall’art. 2808 c.c. al creditore ipotecario, cosa inammissibile in difetto di un’espressa previsione normativa.

Per vero, nel prosieguo del ragionamento, il creditore si troverebbe a concorrere solo sulla frazione di prezzo dell’immobile eventualmente suscettibile di esser pagato dal promissario acquirente al curatore (cosa esclusa nel caso in esame in quanto il promissorio acquirente aveva pagaato integralmente prima del fallimento), e subirebbe la cancellazione fuori dalla disciplina dell’estinzione delle ipoteche prevista dagli artt. 2878 e 2882 cod. civ., non essendo l’esecuzione del contratto pendente equiparabile a un esproprio.

Secondo il ricorrente, da ultimo, non sarebbe possibile trarre conferma della bontà del ragionamento del tribunale dalla disciplina offerta al riguardo dal CCII (art. 173, quarto comma), poiché questa ha introdotto una regola completamente innovativa di bilanciamento tra la tutela del promissario acquirente e quella del creditore ipotecario, a condizioni del tutto diverse e come tali inestensibili alla legge fallimentare.

La Prima Sezione, con ordinanza interlocutoria, dopo avere ritenuto ammissibile il ricorso, rimetteva gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Il primo Presidente disponeva in conformità.

La questione pervenuta al vaglio selle Sezioni Unite è la seguente:

Può essere considerata o meno quale vendita concorsuale, ai fini dell’art. 108 l. fall. e delle conseguenze da esso stabilite, la modalità dell’alienazione che si realizza in esito al subentro ex lege del curatore fallimentare nel contratto preliminare di vendita di un immobile da adibire ad abitazione principale del promissorio, trascritto ai sensi dell’art. 2645 bis, c.c.; o, il che è lo stesso, del contratto preliminare di assegnazione del bene al socio di una società cooperativa edilizia?

La risposta fornita dal Supremo Consesso, nella sua massima composizione, è di segno negativo.

Preso atto del contrasto giurisprudenziale sulla questione di particolare importanza, il Collegio ha accolto l’unico motivo proposto rilevato dalla cessionaria del credito garantito all’atto del ricorso, ritenendo non meritevole di accoglimento la tesi prospettata dal Tribunale di Monza e cassava la decisione di merito con cui era stato autorizzato il curatore, subentrato al fallito nel preliminare di compravendita trascritto anteriormente all’apertura del fallimento, a stipulare il contratto definitivo, cancellando altresì l’ipoteca gravante sull’immobile, destinato ad abitazione principale del promissario acquirente, formulando il seguente principio di diritto.

La massima

Nel sistema della legge fallimentare l’articolo 108, secondo comma, prevede il potere purgativo del giudice delegato in stretta ed esclusiva consonanza con l’espletamento della liquidazione concorsuale dell’attivo disciplinata nella Sezione seconda del Capo sesto secondo le alternative indicate nell’articolo 107, perché in essa il curatore esercita la funzione di legge secondo il parametro di legalità dettato nell’interesse esclusivo del ceto creditorio mediante gli appositi procedimenti destinati al fine. Mentre è da escludere che la norma possa essere applicata – e il potere purgativo esercitato dal giudice delegato – nei diversi casi in cui il curatore agisca nell’ambito dell’articolo 72, ultimo comma, legge fallimentare quale semplice sostituto del fallito, nell’adempimento di obblighi contrattuali da questo assunti con un preliminare di vendita”.

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